Mesi di preparazione, lunghe ore passate a correre per allenare mente e corpo, complicati equilibri familiari da trovare e rispettare, preghiere sul meteo e poi…il rito della preparazione della borsa, la tensione prima della partenza…ed il colpo di pistola dello Start…

Chi ha avuto la fortuna di correre una maratona, chiudendo gli occhi un attimo, credo possa facilmente rivivere questi momenti, sentire le emozioni provate, ricordare flash di luoghi, di persone, di rumori.

Ma pensare che queste sensazioni siano proprie solo dei protagonisti…da non credere quanto ci si possa sbagliare.

Ed è così che è iniziata la mia domenica mattina. Tempo incerto ma sembra reggere. Il mio pensiero va subito a coloro che sulla linea di partenza della Maratona di Torino, guardando i nuvoloni neri, staranno facendo gli scongiuri.

Voglio andare a vedere Enrico, mi dico. Ed è così che esco, mentendo a me stesso mentre chiudo la porta con un <<..ma tanto torno per pranzo>>.

Eravamo in tanti delle Settimese a guardare tutti gli Enrico ed Enrica che passavano. Con brividi ed emozioni che non pensavo si potessero provare con questa intensità.

E con Tano, con il quale tra poco affronteremo analoga prova a Firenze, ci guardiamo come se a correre ci fossimo anche noi, lì in mezzo. Agitati, senza voce, con le gambe nervosamente tenute ferme contro le transenne.

Ma eravamo tutti così, tutti noi. Una squadra che si è trovata a tifare per ogni corridore con un naturale occhio di riguardo per i “propri atleti” sui quali abbiamo scaricato in urla da stadio tutto l’entusiasmo e la carica di cui eravamo pieni.

Ma oltre ad incitare i nostri Marco, Mauro, Franco, Giancarlo, Luciano ed Enrico, ci siamo esaltati per salutare anche tutti gli altri.

Come dimenticare infatti le grida selvagge di Virginia all’arrivo di un amico, come non ricordare Rosario che con orgoglio e fatica portava all’arrivo un disabile in carrozzina…e quell’uomo sulla cinquantina che a duecento metri dall’arrivo si teneva il viso tra le mani, raccogliendo lacrime trattenute da tanto, e liberate in vista dello striscione “Finish” che per molti è il raggiungimento di un traguardo quasi sovrumano.

La scusa della mia uscita di casa, Enrico, anche lui è arrivato, così come tutti i nostri grandissimi compagni. E solo dopo l’ultimo di loro il nostro compito di sostegno si è potuto dire concluso. In qualche modo abbiamo anche noi corso la loro maratona. Ci ha lasciato un analogo  brivido sulla pelle, la voce rauca che neanche il goal di Grosso del 2006… ed un reale senso di fatica nei muscoli contratti dalla tensione dell’attesa.

Potrebbe finire qui, con il racconto del rientro ben oltre l’orario di pranzo, la cena di nuovo insieme ai compagni di squadra per celebrare la giornata.

Ma l’ultimo pensiero và ad un’atleta di cui non farò il nome per rispetto della sua privacy. 

Non la conosco, nessuno della nostra squadra la conosce, ma domenica ha partecipato alla sua prima maratona. Come ci ha raccontato l’amica che ci ha chiesto di accoglierla con entusiasmo all’arrivo, è stata anche l’ultima.

Un male di quelli bastardi si è presentato poco tempo fa, mentre già preparava questa giornata. Si dovrà operare tra poco e pur augurandole di rimettersi in salute per lei non ci potranno essere altri 42km e 195 metri.

Ieri, lei più di altri ha vinto. Ed ha commosso chi la conosce ma anche chi, come noi, per un momento le è stata vicino con il cuore, con la mente e con la voce.